A Torre Annunziata , nella palestra dei giovani campioni
Sacchi appesi al soffitto, un ring di fortuna in un angolo, le foto dei campioni del passato alle pareti scalcinate e il tipico odore della gomma dei guantoni misto al sudore degli atleti: la Pugilistica Oplonti di Torre Annunziata è la classica palestra di boxe di periferia, ma con una particolarità, si trova nello scantinato di una scuola elementare. A gestirla c'è Ernesto Bergamasco, welter classe 1950, ex olimpionico, vicecampione del mondo e padre di Raffaele, attuale tecnico della nazionale azzurra.
Mister Bergamasco ha fatto di necessità virtù e ha spostato la sua palestra nella scuola elementare Giovanni Pascoli di Torre dove fa anche il custode.
"Qui in passato ci sono stati un po' di problemi - racconta -. Venivano gli spacciatori della zona a nascondere la droga e per questo mi hanno chiesto di fare un po' di sorveglianza".
Uno spaccato duro della periferia Vesuviana, della Fortapasc del film di Marco Risi, dove la boxe è davvero un'ancora di salvezza per tanti ragazzi a rischio.
Ed è proprio quando riesce a tramandare ai suoi allievi i valori di questo sport faticoso e allo stesso tempo poetico che Bergamasco sente di aver compiuto la sua missione. "Quando tolgo un giovane dalla strada per me è la medaglia più bella - dice orgoglioso -. Le mamme di questi ragazzi mi vengono a ringraziare perché li tiro fuori da certi brutti ambienti e li tengo lontani dalla droga che qui si comincia a usare molto presto". Poi però Bergamasco diventa scuro in volto e ricorda anche le storie di chi invece è stato di nuovo inghiottito da quei brutti ambienti. La boxe è uno sport povero e in molti si lasciano tentare dalle facili prospettive di guadagno della criminalità organizzata che nelle palestre va alla ricerca giovani disperati che sanno picchiare duro.
È successo a Pietro Aurino, cresciuto a Torre nella palestra di Bergamasco, arrivato a un passo dal titolo iridato e poi caduto in un brutto giro di estorsioni e traffico di droga nel basso Lazio e l'ha fatto finire in cella.
Ma non per tutti è così, almeno non è così per Giovanni Vitello, il nuovo gioiello di Bergamasco. Quindici anni, faccia da bambino su un corpo da gigante: 108 chili, 1 metro e 95 di altezza e 53 di piede. In commercio non si trovano scarpini della sua misura e nell'ambiente pugilistico lo chiamano già il nuovo Primo Carnera.
Giovanni all'angolo ha un allenatore d'eccezione, un altro creato di Bergamasco. È Alfonso Pinto, peso mosca, pluricampione italiano, due volte medaglia d'argento agli europei e una medaglia sfumata per pochissimo alle olimpiadi di Atene 2004. Pinto cresce il suo pupillo tramandandogli la tradizione pugilistica che a sua volta ha appreso in quella piccola palestra di periferia.
Il nuovo Carnera ha debuttato qualche settimana fa a Marcianise, nel tempio della boxe campana, e ha sbaragliato i suoi concorrenti vincendo il suo primo torneo juniores.
"Per la sua età è un vero fenomeno - spiega Pinto - È un mancino insidioso, tecnico, veloce e soprattutto incredibilmente potente. Spero un giorno di andare alle Olimpiadi come suo allenatore - conclude Pinto - così magari mi riprenderò quella medaglia che ho perso ad Atene".