L'inglese si gioca cintura con Ruiz, il chierichetto pugile per missione
Un bestione che sfila per Versace e si diverte a fare a pugni nel giardino di Hugh Hefner, il signor Playboy, contro un ragazzo cresciuto in chiesa, chierichetto per vocazione e boxeur per missione. È la sfida di Manchester: domani notte sul ring della Men Arena, David Haye, l’ultimo spaccone, difende il mondiale dei pesi massimi Wba contro John Ruiz, uno che ama mettere gli arroganti al loro posto.
Un inglese contro un americano, ma stavolta la sfida dei due mondi non è geografica, è nei modi, nel linguaggio e nei soprannomi che si sono scelti i combattenti. Haye, lingua lunga e battuta facile, ha creato il brand Hayemaker, un incrocio tra il nome di un pugno (Haymaker, una sventola da ko) e sé stesso. Il ragazzo dalle belle speranze ha svoltato nell’incontro vinto ai punti contro Valuev. In novembre ha resistito alla montagna umana, ha picchiato con una mano rotta e ha guadagnato il titolo di campione. Da allora ha ribattezzato Valuev, «il troll», ha sfoderato una maglietta con le teste decapitate dei fratelli Klitschko (prossimi avversari in caso di trionfo) e ha spiegato che per calarsi dentro lo spirito del match lui sogna i rivali. E nei sogni non succede nulla, David li sfotte e basta. Li demolisce prima di salire sul quadrato. In patria lo adorano, si allena in riva al Tamigi, è diventato famoso prima ancora di iniziare, con un servizio pubblicitario per Abercrombie & Fitch in cui tanto per cambiare giocava a fare il bullo e adesso punta la recente reputazione sopra un incontro con il suo opposto. John Ruiz, meglio noto come «Quietman», l’uomo tranquillo, quasi un santo.
Rispettoso e rispettato, capace di conquistare la cintura
dei massimi per due volte, Ruiz è cattolico praticante e predicatore del galateo: «Non mi va che la boxe venga associata sempre a dei palestrati fuori controllo che si divertono a fare i gradassi». Se gli riprendesse il titolo Wba per la terza volta entrerebbe in un club esclusivo, solo Ali e Holyfield ci sono riusciti.
Un inglese contro un americano, ma stavolta la sfida dei due mondi non è geografica, è nei modi, nel linguaggio e nei soprannomi che si sono scelti i combattenti. Haye, lingua lunga e battuta facile, ha creato il brand Hayemaker, un incrocio tra il nome di un pugno (Haymaker, una sventola da ko) e sé stesso. Il ragazzo dalle belle speranze ha svoltato nell’incontro vinto ai punti contro Valuev. In novembre ha resistito alla montagna umana, ha picchiato con una mano rotta e ha guadagnato il titolo di campione. Da allora ha ribattezzato Valuev, «il troll», ha sfoderato una maglietta con le teste decapitate dei fratelli Klitschko (prossimi avversari in caso di trionfo) e ha spiegato che per calarsi dentro lo spirito del match lui sogna i rivali. E nei sogni non succede nulla, David li sfotte e basta. Li demolisce prima di salire sul quadrato. In patria lo adorano, si allena in riva al Tamigi, è diventato famoso prima ancora di iniziare, con un servizio pubblicitario per Abercrombie & Fitch in cui tanto per cambiare giocava a fare il bullo e adesso punta la recente reputazione sopra un incontro con il suo opposto. John Ruiz, meglio noto come «Quietman», l’uomo tranquillo, quasi un santo.
Rispettoso e rispettato, capace di conquistare la cintura
dei massimi per due volte, Ruiz è cattolico praticante e predicatore del galateo: «Non mi va che la boxe venga associata sempre a dei palestrati fuori controllo che si divertono a fare i gradassi». Se gli riprendesse il titolo Wba per la terza volta entrerebbe in un club esclusivo, solo Ali e Holyfield ci sono riusciti.