Mohammed Alì contro Frazier.
Martedì 15 e 22 agosto in due parti, il canale Fx (Sky 119) trasmetterà in anteprima assoluta «Thriller in Manila» - Mohammed Alì contro Frazier. Il cinema si è occupato spesso di Muhammad Ali, Michael Mann lo ha ritratto in Ali e l’epocale «Quando eravamo Re» è stato premiato con l’Oscar. «Thriller in Manila» andrà senz’altro aggiunto alla non troppo lunga lista di documentari sportivi imperdibili. Per molti fu un incontro bellissimo,per altri solo una carneficina. Un incontro così cruento che l’angolo di Frazier gli impedì di tornare sul ring per l’ultima ripresa, la quindicesima. Joe neanche riusciva più ad aprire gli occhi. Aveva perso le prime riprese, dominato quelle centrali. Col passare dei minuti era stato devastato dai jab dell’avversario. Muhammad Ali non ha mai brillato per umiltà, ma quel giorno ammise: «Se Joe non si fosse ritirato, non so se avrei potuto continuare». I due pugili venivano da storie molto diverse ed erano arrivati a odiarsi. All’inizio non era così. Quando la Federazione squalificò Ali per aver detto no al Vietnam, Frazier fu uno dei pochi a schierarsi accanto al campione. Aveva vinto le Olimpiadi di Tokyo, come Ali quattro anni prima a Roma nel ’60. Frazier, a inizio carriera, chiese consiglio ad Ali. La risposta fu in linea col personaggio: «Uno solo, dimagrisci e cambia categoria. Con me non c’è storia». Era il 1967 e Ali al suo massimo. Imbattibile, velocissimo. volava come un’ape e pungeva come una farfalla, seguendo i dettami del poeta della strada Drew «Bundini» Brown.