Otto mesi di esilio
Otto mesi in esilio a Formia per preparare dodici riprese da tre minuti. Ruby Belge è tutto qui. Un furente giovanotto di Pregassona, che nel frullato di associazioni pugilistiche globali ha trovato il suo posto al sole: campione del mondo IBC, categoria Welters. «A sedici anni ho messo piede in palestra, a diciotto ho scelto il pugilato e a venti il mio allenatore, Federico Beresini, mi ha imposto una scelta: o fai a pugni per strada o sul ring». Ruby non si nasconde. «Non fumo e non mi sono mai drogato, però ho commesso altri errori. Da adolescente avevo dei problemi e mi sfogavo nel modo sbagliato».Formia, centro sportivo del CONI*, in un pigro pomeriggio con i limoni a penzoloni dagli alberi. Qui Ruby si allena mattino e sera, bastonato e coccolato da Patrizio Oliva, classe 1959, uno dei più grandi pugili italiani di sempre. L’uomo che da bordo ring «muove la marionetta». Il primo titolo mondiale – 2007 – è lontano. Ruby è cambiato. Stesso peso, ma un fisico più definito e un’accresciuta coscienza di sé e del proprio potenziale. All’orizzonte c’è Abramenko: un pugile imbattuto. Un ostacolo da superare, per poi puntare al vero obiettivo: «C’è un accordo di massima con il detentore della corona europea per un incontro nel 2011. E con questo obiettivo nel mirino, non vedo come qualcuno possa farmi uno sgambetto. Rispetto Abramenko. I pugili dell’est sono i migliori. Ma sono convinto di batterlo; devo esserne convinto». Un pugile, Ruby, che s’è concesso il lusso di ammettere la supremazia della mente sul corpo. E questa è forza. «Dal 2007 mi segue uno psicologo. Ha messo ordine nella mia testa e mi ha aiutato a disciplinare alcuni atteggiamenti. Il sesso, ad esempio. Non posso permettermi un rilassamento così profondo, anche per due mesi prima di un incontro. Sul ring devo essere talmente carico, che se mi sfiori esplodo». Carico e single, dunque. «Con la vita che faccio, avere una donna sarebbe troppo difficile».