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20 maggio 2011

Al Coni di Petrucci le poltrone valgono più delle regole


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Lo statuto del Comitato Olimpico Nazionale Italiano prevede che il rinnovo dei suoi vertici avvenga entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si svolgono i giochi olimpici. Ma dal Coni stesso è già partita per il Cio e il Ministero una richiesta di deroga in vista dei giochi londinesi del 2012. Si vorrebbe poter decidere “dopo il 7 settembre del 2013”. Perché? Perché in quella data saranno assegnati i giochi olimpici, Roma è in pole position e la politica sportiva italiana - guidata da Gianni Petrucci - non vuole proprio rinunciare a una lottizzazione complessiva, che tenga conto delle Olimpiade - si spera - appena conquistateLa richiesta di deroga il Coni l’ha già inoltrata. Al Cio (Comitato Olimpico Internazionale), che ha subito dato l’ok (in fondo a loro che gliene importa?), e al ministero vigilante, o meglio al sottosegretariato più o meno distrattamente vigilante, perché si tratterebbe di aggirare in qualche modo lo Statuto del Coni stato, che è stato modificato e approvato nella sua ultima forma con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’aprile 2008.
Il punto interessato dalla richiesta di deroga sta all’articolo 35, comma 2: “Il Consiglio Nazionale elettivo (del Coni) è convocato dal Presidente uscente entro il 31 dicembre dell’anno in cui si sono svolti i giochi olimpici estivi, affinché proceda, nel periodo compreso tra il 1° maggio e il 30 giugno successivi, alla elezione contestuale del Presidente e dei componenti della Giunta Nazionale”.
Articolo applicato per ora una volta, dopo i Giochi di Pechino 2008. E adesso subito rimesso in discussione. “Consentiteci di rinviare le elezioni per il quadriennio post Londra 2012 a dopo il 7 settembre 2013”: ecco il testo della domanda di deroga. Che cosa succede il 7 settembre 2013? Succede che il Cio quel giorno decide a chi assegnare le Olimpiadi del 2020. Per quel che ci riguarda decide se assegnarle a Roma. E in quel caso in ballo non ci sarebbero più soltanto le seggiole e le poltrone del Coni, ma si aprirebbe la corsa alla grande lottizzazione.
Perché insomma sprecare energie per una battaglia elettorale limitata al Consiglio nazionale, alla Giunta e alla Presidenza del Coni, nonché alle nomine collegate, qualora vi fosse la possibilità di competere alle ben più ambite cariche in palio per il Comitato Organizzatore dei Giochi? Altra risonanza internazionale, ben altra torta di affari da spartire, appalti da assegnare, contratti da stipulare, speculazioni da favorire o da bloccare. In una parola, ben altro potere. E di assai più lunga durata, sette anni, anziché quattro.
La forza dell’attuale gruppo dirigente del Coni la si era già potuta constatare in occasione delle assai meno rilevanti nomine per il Comitato Promotore, quello che dovrà sviluppare il processo di avanzamento della candidatura. Il siluramento di Montezemolo, bocciato per ragioni strettamente politiche dal ministero dell’Economia, e cioè da Tremonti, era stato preceduto da una ben più dolorosa e sanguinosa vicenda che aveva portato alla rinuncia di Nerio Alessandri, fondatore a soli 22 anni del marchio Technogym, azienda presto diventata leader nel campo del wellness e della riabilitazione. Sarebbe stato l’uomo giusto al posto giusto.
Relativamente giovane e giovanissimo per le abitudini italiane, 50 anni, l’imprenditore romagnolo, dinamico ed efficiente, ha costruito nel corso degli anni una fantastica rete di relazioni con i massimi dirigenti dello sport mondiale. Technogym da Sydney 2000 è stata fornitore ufficiale di tutte le edizioni dei Giochi. Innumerevoli i rapporti con Comitati olimpici e Federazioni sportive nazionali e internazionali. Il problema è che Alessandri voleva costruirsi una squadra tutta sua, mentre il presidente del Coni Petrucci poneva come condizione la nomina di Ernesto Albanese quale direttore generale del Comitato promotore.
Prima di diventare amministratore delegato di Atahotels, Albanese era stato per sei anni alla guida di Coni Servizi spa, il braccio operativo del Comitato olimpico nazionale, diventando così l’uomo di fiducia del presidente. Va ricordato che Petrucci è all’ultimo mandato da presidente: dopo i Giochi di Londra dovrà lasciare la poltrona sulla quale è seduto dal 1999, imperturbabile di fronte a qualsiasi scossa lo potesse far traballare. Nato democristiano, Petrucci morirà democristiano e da perfetto democristiano ha accompagnato, con impercettibili spostamenti, i governi di centrosinistra e centrodestra che si sono succeduti durante la sua era.
Ora, a 65 anni, portati benissimo, deve decidere che cosa farà da grande. È tentato dalla politica, ma in questo caso sarebbe costretto a una scelta di campo che non gli si addice. E quindi ritiene che, in caso di successo della candidatura di Roma 2020, sarà più facile ottenere la guida del Comitato Organizzatore da presidente del Coni uscente piuttosto che da presidente del Coni uscito, come sarebbe se le elezioni per il quadriennio 2013-2016 si svolgessero nel periodo stabilito dallo Statuto.
Insomma, meglio tenersi saldo in sella e poter pilotare poi la grande lottizzazione, piuttosto che affrontare da esterno una battaglia ricca di incognite. Per la verità, oggi danno tutti per scontata una successione morbida, con il passaggio delle consegne al delfino di Petrucci, l’attuale segretario generale del Coni Pagnozzi, per la verità ritenuto da molti un ottimo dirigente. Ma un anno è lungo da passare, e questo che verrà potrebbe essere un ricco di rivolgimenti politici, incontrollabili, forse, anche per Petrucci. E potrebbe anche succedere che chi entra nel Consiglio Nazionale del Coni Papa ne esca cardinale. Nessuno dubita invece che Roma vinca le Olimpiadi. Ma questo è un altro discorso.


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