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14 settembre 2009

Di Roberto Saviano ... e' stupendo , 1^ parte


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QUI AL FORUM di Assago tutto il chiasso della politica e degli scandali sembra star lontano. Qui sembra essere un'altra dimensione. Qui ci sono i campionati del mondo di boxe. E ora siamo Campioni del mondo. Due pugili, uno di Marcianise, l'altro di Cinisello Balsamo (ma di genitori lucani) sembrano aver risollevato con le loro mani la dignità e l'onore di un paese. Nello spazio del ring, in uno stadio semivuoto di periferia, Domenico Valentino e Roberto Cammarelle, campioni del mondo peso leggero il primo e supermassimo il secondo, hanno mostrato che disciplina, lavoro, impegno e una ossessiva passione possono portare ai massimi traguardi.

Anni passati a modellare il sacco, a guardarti allo specchio, a disciplinare te stesso, "Sono anni che non vedo mai la notte, vado a dormire di sera, alle 22 al massimo", dice il campione del mondo Domenico Valentino, il re di Marcianise, il più forte peso leggero in circolazione in questo momento. Il più elegante e dinamico che abbia mai visto in vita mia. Veloce, tecnico, non dà tregua all'avversario. La sua strategia è semplice: "Tocca e fuggi, tocca e fuggi". Per campare anni fa faceva il parrucchiere per donne poi ha iniziato ad allenarsi a Marcianise, capitale della boxe dilettanti, e ha scoperto di essere un pugile.

Marcianise, poco più di quarantamila abitanti, è una delle capitali mondiali del pugilato, senza dubbio la capitale italiana. Ci sono tre palestre gratuite dove i ragazzi di tutto il Casertano vanno a tirare al sacco. Domenico Valentino è cresciuto nella palestra Medaglie d'oro, allenato da Raffaele Munno. Domenico, ma tutti lo chiamano Mirko. È il nome che la madre aveva scelto, solo che per rispetto verso il suocero gli ha poi messo il nome del nonno. Ma dopo aver pagato il debito all'anagrafe, l'ha subito chiamato Mirko. E Marcianise è da sempre il vivaio storico dei pugili in Italia.

Tutto ha origine dalla guerra. Dall'ultima guerra. Qui gli americani stanziati in Campania chiamavano come sparring partner i carpentieri e bufalari della zona, che si misuravano con i marines per un paio di dollari. E dopo esser riusciti a batterne parecchi, continuarono a combattere e misero su palestre e cominciarono a insegnare ai ragazzi del posto. Valentino è poliziotto, come Roberto Cammarelle e come la maggior parte degli atleti italiani, come la maggior parte dei giovani che si dedicano a sport per cui è sempre più difficile trovare sponsor. Invece la Polizia li arruola e ci crede.

Senza le Fiamme Oro non esisterebbe il pugilato dilettantistico. Quindi non esisterebbe più la boxe in Italia. Domenico Valentino in finale si è scontrato contro il pugile portoricano Pedraza che ha iniziato il combattimento chiuso come una persiana blindata. La sua guardia quasi gli impediva di guardare dinanzi a sé. Il primo round si è chiuso 1-1, la seconda ripresa invece si è aperta inaspettata perché Pedraza è riuscito a mettere a segno due punti colpendo il marcianisano; ma Mirko Valentino neanche se n'è accorto e ha cominciato a lavorare di gambe lanciando saette precise e schivando, spesso abbassandosi sulle ginocchia, i colpi del caraibico.

Valentino ha portato 20 colpi e l'altro uno solo, il match è rimasto in bilico fino al 6-4, poi Mirko ha piazzato due destri ed è stata medaglia d'oro. Roberto Cammarelle era carico come mai nella sua vita. Persino più che alle Olimpiadi. Quando sale sul ring questo gigante di cento chili per un metro e novanta, tutto intorno sembra minuscolo. Tutti lo danno già per vincitore: un oro olimpico, due trionfi mondiali, due bronzi e due argenti europei.

Il supermassimo di Cinisello è l'idolo di Assago. Contro l'ucraino Kapitonenko che sembrava assai più forte di quanto le voci lo raccontavano. Cammarelle al primo round è in difficoltà trovando di fronte un avversario veloce, ma poi, come sempre, trova la chiave giusta e già al secondo round sono sul 6-4, e con un gancio destro e un diretto sinistro manda quasi giù l'ucraino.

Nel terzo round Cammarelle ha dimostrato tutta la disciplina che contraddistingue la sua tecnica: non ha umiliato Kapitonenko che per i colpi subiti evidentemente aveva dei giramenti di testa. E così l'oro atteso è arrivato. E sono lì sugli spalti moltissimi immigrati del sud.

Cammarelle è di Cinisello Balsamo, ma il suo sangue è di Rionero in Vulture, cittadella lucana che da sempre subisce l'emorragia dell'emigrazione. La terra di Giustino Fortunato, uno dei più illuminati pensatori meridionalisti della storia. Da lì vengono quelli che stanno ai lati del ring a spronarlo. Solo loro ad esserci e non i colleghi atleti. Solo loro: i marcianisani arrivati con un pulmann, i moltissimi di Cinisello e i lucani di mezza Lombardia. Gli altri atleti italiani non hanno assistito alle finali. E Cammarelle e Valentino soffrono per questo. Valentino dice: "Non ci posso credere, eravamo una famiglia e ora? Cos'è? Invidia, cattiveria? Perché ci hanno lasciati soli gli altri atleti?".

In questa fase talmente complicata per l'immagine dell'Italia lo sport sembra tracciare una strada. E lo fa la boxe, perché non c'è impresa migliore di quella realizzata con le proprie mani. E i pugili concordano con questa frase di Omero. La boxe è rabbia disciplinata, forza strutturata, sudore organizzato, sfida di testa e muscoli. Sul ring o fai di tutto per restare in piedi oppure dai fondo alle tue energie e metti in conto di andare giù. In ogni caso combatti, uno contro uno. Non ci sono altre possibilità e nessun'altra mediazione.


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